Fabrizio Bentivoglio, uno dei più grandi e amati interpreti italiani di cinema e teatro, raccoglie in questo libro poetico una serie di insegnamenti pratici e morali dedicati a coloro che decidono di intraprendere la professione attoriale. Bentivoglio si avvale costantemente di episodi della propria vita, riuscendo a imprimere all’opera anche un racconto a suo modo autobiografico: dagli studi alla Civica Scuola d’Arte Drammatica, attraverso gli anni di lavoro a teatro, fino all’approdo al cinema, ricordando colleghi che sono stati per lui fonte di insegnamento e ammirazione – come Gian Maria Volonté e Diego Abatantuono – e registi che sono riusciti a creare, insieme ai loro interpreti, delle vere e proprie famiglie allargate – Gabriele Salvatores e Carlo Mazzacurati tra tutti. Tante sono le gemme di questo almanacco, pietre fondanti di un mestiere tanto ineffabile quanto concreto, come, per esempio, l’invisibilità dell’attore (che deve sparire nel suo personaggio), la pazienza e la perseveranza, il rifiuto dell’improvvisazione, l’importanza di interiorizzare la propria arte, la conoscenza delle lingue e dei dialetti e quella degli altri saperi artistici. Un manuale prezioso e dal forte impatto didattico, eppure umile, sensibile, quasi confessionale, testimonianza di vita e al contempo omaggio alla sacralità della scena e di chi ha saputo calcarla, con uno sguardo impavido e generoso sulla nudità dell’uomo che sta dietro l’attore.
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