A Sheila Levine la madre ha sempre detto che da grande sarebbe diventata così carina da trovare un buon marito, necessariamente ebreo, possibilmente ricco, con cui costruire una famiglia. Solo che le cose non vanno come programmato: Sheila crescendo non diventa carina, nonostante tutte le diete e i sacrifici e i soldi spesi in saloni di bellezza, parrucchieri e abiti da Saks e Bloomingdale’s; gli uomini che incontra non sono gentili e disponibili, anzi; e non c’è mai nessuno che le chieda di sposarla. Insomma, sembra che per Sheila Levine l’amore semplicemente non sia destino. Il lavoro, neppure. La vita sociale, una delusione. L’indipendenza, una presa in giro. La vita a New York è dura e insensata. Alla fine, l’unica cosa che la rende veramente felice è l’idea di farla finita. Perciò Sheila si mette a pianificare attentamente la sua morte e il suo funerale. Dimentica solo una cosa: sua madre. E sarà proprio lei, apprensiva e ingombrante come solo una madre sa essere, a decidere il suo destino… ancora una volta. Pubblicato nel 1972, Sheila Levine è morta e vive a New York arriva ora per la prima volta in Italia. Pensato come una lunga lettera d’addio, questo romanzo eccezionale – politicamente scorretto e squisitamente ironico – è un grido di protesta scanzonato contro i luoghi comuni che opprimono le donne e i malintesi di un futuro che sembra arrivare sempre con riluttanza. Un po’ Bridget Jones, un po’ Mrs. Maisel e un po’ Sex and the City: Sheila Levine assomiglia a tutte le ragazze qualunque del mondo ed è irresistibile.
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