Carmen ha una vita in apparenza normale. Fa la professoressa di lingue, ha un marito e due figli, di 8 e 15 anni. Un sera come tante, almeno così Carmen cerca di farla sembrare, mentre è alla guida della sua auto, succede qualcosa. L’auto sbanda, vola dall’altra parte del guard rail e lei finisce in coma. Nader Hassan, un ragazzo egiziano, muore nell’incidente. Non risultano legami tra i due e il marito è certo che non si conoscessero. Allora che cosa ci faceva insieme a lei?
Dodici giorni dopo, Carmen si risveglia. Ma chi è quella donna che si guarda allo specchio distesa in un letto di ospedale? La sconosciuta, così la definisce, non ha più un passato. Non riconosce il marito, né i figli. Tutti i suoi ricordi sembrano essere stati annientati dall’impatto.
L’unico modo per riappropriarsi della sua vita è cominciare una terapia cognitiva.
Il passato prende forma e Carmen si rende conto di non essere la moglie e la madre modello che tutti credevano.
A occuparsi del caso è il maresciallo dei carabinieri Vanni Campisi. Lui intuisce subito che qualcosa non torna. Ma è solo questo a spingerlo a indagare o è piuttosto la forte attrazione ancora viva per una donna, proprio Carmen, incontrata tanti anni prima e di cui non si è mai davvero riuscito a liberare?
E mentre lei tenta di riappropriarsi dei suoi ricordi, Campisi le rivela che la macchina è stata manomessa da qualcuno che voleva ucciderla, forse qualcuno di cui lei non ha più memoria.
Chi è?
Perché vuole vederla morta?
Adesso che i suoi ricordi sono sbiaditi, lei è ancora in pericolo?
“D’improvviso, lei mi guarda. La sconosciuta, mi viene da chiamarla. Non la conosco, ma mi è in qualche modo familiare. Non saprei dire se la sconosciuta è bella o brutta. Non troverei il suo sguardo minaccioso, la sua presenza sgradevole o la sua vista angosciante, se non fosse che quella sono io. Ma io chi? Non ricordo assolutamente nulla di me. Non so chi sono, da dove vengo, perché sono qui.”