Sicilia, primi anni Novanta, una casa sul mare. La terrazza brulica di avventori accaldati, brocche di caffè freddo e aranciata presidiano la tavola, e i bambini seminano la sabbia sul pavimento. Tra loro anche l’autrice, Costanza, che a tinte lievi e imbevute d’infanzia ripercorre la vita dentro e fuori le stanze della casa di villeggiatura di famiglia, prima che quelle facessero spazio al set televisivo ispirato ai più amati romanzi di Andrea Camilleri. In un valzer di ricordi, tra ospiti illustri, corse ai ricci di mare e il confine impaziente tra l’inverno e l’estate, La mia casa di Montalbano regala personaggi insieme unici e veri: a cominciare dal nonno, chino sul pianoforte o in un baciamano, e dalla nonna, con la sua grazia decisa e i prendisole fiorati. Eppure, tutto non può che cambiare quando Puntasecca rinasce nella fittizia Vigata, il vecchio soggiorno in una camera da letto, e l’uomo di casa in un commissario di polizia: Salvo Montalbano. Una biografia corale e agrodolce che restituisce rughe, vita e passato a una casa che «prima era mia e poi di tutti» e ormai entrata, per rimanervi, nell’immaginario collettivo nazionale. Perché ci voleva Camilleri a rendere immortale Montalbano, e Montalbano a rendere immortale questa casa. Ci voleva un cantore siciliano che in questo anno 2025 avrebbe soffiato 100 candeline di necessaria esistenza.
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