«Questa è una storia di violenza e di bellezza», dice Christiane Taubira, e così apre un racconto e un dialogo che cercano di rispondere alla tremenda evidenza della sopraffazione e dello sfruttamento che hanno segnato e segnano tuttora la convivenza umana. La tratta degli esseri umani e la schiavitù sono stati alla base del primo sistema economico al mondo, che, giustificato per secoli da giuristi, religiosi, filosofi, è stato replicato (dopo la Grecia e Roma) nel mondo moderno. Gli storici si dividono sul numero totale dei deportati nelle rotte dall’Africa alle Americhe: fra i 15 e i 30 milioni. Un numero agghiacciante. E la schiavitù è durata in Europa per oltre quattro secoli, in Francia due.
Questo intenso dialogo fra madre e figlia rompe la crosta di pregiudizi e indifferenza che ancora ci impediscono di capire la violenza che ha segnato la prima globalizzazione, le sue conseguenze durevoli nelle relazioni fra Paesi ricchi e poveri attraverso il colonialismo e fino al Novecento, la pulsione vitale che ha permesso a milioni di persone ridotte allo stato di animali di resistere e sopravvivere. Ne viene fuori, appassionata e incisiva, «una storia di violenza e di bellezza» tanto necessaria quanto spaventosa. Che aggiunge alla consapevolezza delle generazioni più giovani la percezione delle dinamiche del razzismo, quelle manifeste che hanno lasciato una scia di sangue nella Storia e quelle più subdole che continuano ad agire dentro il nostro tempo e la nostra civiltà.
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